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Vedere e toccare Gesù

Commento al Vangelo della II Domenica di Pasqua

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“Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio”, così scriveva Papa Francesco nella Bolla d’indizione del Giubileo straordinario. Ci aveva già pensato San Giovanni Paolo II, che volle dedicare la II domenica di Pasqua di ogni anno alla Misericordia.

Il Vangelo odierno ci narra la duplice apparizione di Gesù ai suoi Apostoli. Abituati ormai a dar credito quasi esclusivamente a ciò che si può provare, vedere e toccare, ci sta piuttosto simpatica la figura di Tommaso, che non si fida della parola dei suoi amici, ma ha bisogno di mettere il dito sulle ferite dei chiodi e della lancia per credere in Gesù vivo e risorto.

Il ritorno del Cristo, otto giorni dopo, è anche un gesto di misericordia. Gesù conosce le parole pronunciate da Tommaso, ma non lo rimprovera. Gli mostra i segni inequivocabili della verità e constata che saranno “beati coloro che crederanno senza aver visto”.

Siamo noi, tra questi? In realtà ogni giorno, con gli occhi della fede e della considerazione della sua Parola, abbiamo l’opportunità di vederlo. “Ogni volta che avete fatto queste cose (opere concrete di misericordia) a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Davvero “dare il cuore ai miseri” (miseri – cor – dare) è la richiesta più importante del Vangelo.

Ed è il modo più vero per rendere culto a Dio. “Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4, 20). 

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