ATESSA – Forse per un attimo sarebbe bello tornare indietro nel tempo, al giorno in cui la fontana di Piazza Oberdan lasciò il posto alla modernità. È così che dalla storia, ma anche dalla fantasia e dalla gioia dei bambini, con la cura e l’attenzione delle maestre, ha visto la luce la “Poesia della Fontana Vecchia”: un dialogo rigorosamente in dialetto tra chi osserva quella fontana scomparire, in un misto di polvere e tristezza, e chi più giovane dice di fare spazio alla modernità.
I Bambini delle classi 3A e 3B della Scuola Elementare di Atessa Capoluogo insieme alle maestre hanno scritto le parole di questo componimento, presentato e raccontato anche in occasione della manifestazione che ha chiuso l’anno scolastico, e parte di un progetto più ampio che ha tenuto impegnati gli studenti di tutte le classi del complesso.
Alla ricerca delle tradizioni, della storia e dell’identità a partire anche dal dialetto, quello da conoscere e da studiare per tenere un piccolo tesoro a portata di mano. “Non solo canzonette” il titolo che le maestre hanno voluto dare al percorso didattico svolto nel corso dell’anno, che ha avuto inizio dall’accurata ricerca dei documenti che i piccoli studenti hanno spulciato per ricostruire la storia della città intrecciata alle sue tradizioni, anche di musica, poesia e danze popolari.
Tracciare un percorso nel passato per mettere insieme i tasselli del presente; è così che sono tornati alla scoperta di fonti e fontane di Atessa, d’altronde la città ha una lunga storia che la lega all’acqua e a tutte quelle fonti che non ci sono più, ma di cui alcune strade e zone della città conservano ancora oggi il nome.
Dal passato al presente perché solo conoscendo quello che è stato si può ritrovare la propria identità.
Poesia della fontana vecchia
“Iere matine, appena so calate da lu lette
so sintute a vatte forte, forte nu martellette
a momenti me facea schiuppà la cocce
rumore e provele soccia, soccia.
Verse la chiesa dell’Addolorata, me so girate
e chi so’ viste? Provele e persone ammisticate
la fonte che era tante prelibate
la tenevan a massacrà a martellate.
Chi martellava pe dritte e chi pe’ storte
Senza badà alla minima sorte.
Chi rompeva lu piatte cavutate
e chi pjave la lapide sconsolate,
pure le cannelle stavane a levà
e li vicchiarelle tutte a guardà.
A tutta la gente lu cor je piagnjè
ada vedè la fine che la funtana facè.
Pochi paesi a l’Abbruzz le teneve
na funtana cuscì fresca, chiù fresche de la neve.
Ma su, che ce piagnjete
non serve chiù ca vi la pjete.
Fosse stato almene n’abbellimente
Mo nisciun chiù jè tè mente.
Lassat aripusà lu ciurvelle
Ca mò, a tutte le case ci sta le cannelle.
Lu male sanghe chi ti le fa fa,
ta da cunvince che è arrivate la modernità.
Senza pietà vatte lu martelle e
suspiren se ne va lu vecchierelle.
Oggi nella piazza di una volta
c’è una fontana con una cannella torta
non esce più, come una volta, acqua per dissetare
né spruzzi, né schizzi per rinfrescare
solo un filino ricorda che un dì
tutto il paese si radunava lì.
Ora se l’acqua vuoi vedere
un paio di occhiali devi tenere
Giò Pomodoro l’ha progettata
e tutti l’hanno ammirata.
È stata una innovazione
Che continua ad attirare persone,
la gente trascorre il tempo là,
come tanti anni fa."