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"Per vedere più lontano"

Il commento al Vangelo nella IV Domenica di Quaresima

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Dal Vangelo di Giovanni 9, 1-41
Ogni essere umano, nella vita, ha bisogno di dare un senso al dolore.

Qualcuno si limiterà a considerarlo una follia, e farà di tutto per negarlo o anestetizzarlo. Altri lo riterranno terapeutico, come un segnale fisico di un disagio interiore da scoprire e sanare, o come una fatica necessaria a conseguire i risultati migliori. Altri cercheranno un colpevole su cui rivalersi, o, quando non c'è, un capro espiatorio su cui riversare la propria amarezza e insoddisfazione.

Il dolore più scandaloso è quello che non è temporaneo, ma dura tutta una vita. Come la cecità permanente dell'uomo incontrato da Gesù nel Vangelo di oggi. Spesso l'essere umano riversa su Dio ciò che non può comprendere. Nella tradizione ebraica Dio è colui che punisce, ma a causa del peccato degli uomini. Nel caso del cieco nato viene da chiedersi cos'abbia potuto fare di male, salvo che la colpa si sia trasmessa da i genitori al figlio. Ragionamento accettabile anche per le nostre conoscenze scientifiche! Questione di DNA!

Gesù è chiarissimo: nè lui nè i suoi genitori hanno peccato. E' un uomo fatto di terra e acqua, fango, e non soltanto di aria e cielo, spirito. E' fragile, limitato, a termine, come tutti. Piuttosto, i veri figli di Dio non l'abbandonano, si fanno carico di lui, gli prospettano e costruiscono spazi di vita. E lo illuminano di speranza: anche lui, come tutti, sarà perfettamente integro nel mondo di Dio.

Gesù, Luce di Dio e segno efficace di salvezza, anticipa questo tempo. C'è bisogno, tuttavia, che il cieco si lavi. Dio fa sempre spazio alla nostra libertà e responsabilità.

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