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Il seme della Parola

Commento al Vangelo della Domenica

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Mt 13, 1-23

Tra le immagini che Gesù usa per lasciar intendere il suo messaggio, quella del seminatore è una delle più vive ed attuali. A tutti, almeno alle scuole elementari, è capitato di piantare qualche seme e contemplare il miracolo della vita. Ed è Gesù stesso a spiegarne il significato.

Quello della Parola di Dio è certamente un buon seme. Cala dall’alto, come tante cose meravigliose che vengono elargite da Colui che ha creato l’esistente. Ciò che viene dal cielo «scende per irrigare la terra, fecondarla e farla germogliare» e per «operare ciò che il seminatore desidera», ci assicura il profeta Isaia nella prima lettura.

Il Seminatore è decisamente abile, almeno durante presenza terrena di Gesù: saggio, coerente, comunicativo. Il messaggio è in ottime mani. Poi viene offerto agli esseri umani, e i frutti che porterà dipenderanno da loro, terreno più o meno fertile.

Qualcuno si lascerà portare via quel seme prezioso dal “Maligno”; altri non concederanno alla Parola il tempo di radicarsi nella vita, condizionati da fatiche e opposizioni; altri si lasceranno fuorviare dagli idoli del mondo, come l’apparenza e la ricchezza, che soffocheranno il seme buono. Ma coloro che accoglieranno e comprenderanno la Parola porteranno frutto in grande quantità: cento, sessanta o trenta per uno! Uccelli, sole e spine non potranno nulla se il terreno è appropriato e ricettivo.

Durante la vita è probabile che ci ritroviamo in tutti e quattro i terreni. Ma oggi, quale ci rappresenta di più? Come onoriamo il seme?    

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